Viareggio 12 aprile 2019

Five Sixty & studio ConCredito presentano:

"L'importanza del rating come strumento di autovalutazione e di allerta precoce"

Grand Hotel Principe di Piemonte ore 9,00


Per partecipare al convegno è possibile prenotare il proprio posto a convegno@concredito.it oppure telefonicamente a 0584-393444. 


Tra i relatori saranno presenti:

Massimo Minolfi, Mario Piccioni ed Eraldo Stefano Menconi di Five Sixty

Gianfranco Antognoli e Stefano Vannucci di ConCredito

Quanti imprenditori si sono sentiti chiudere la porta in faccia dalla propria banca?

Quante aziende non riescono a contenere spese e oneri finanziari? La motivazione data dalle banche, spesso in maniera poco comprensibile, è sempre la stessa: "colpa del rating".

A dire il vero il sistema imprenditoriale italiano, specialmente quello rappresentato dalle piccole e medie imprese (che in Italia rappresentano oltre il 94% del tessuto economico) non ha ancora digerito il concetto di Rating, che viene percepito come una sorta di giudizio dispositivo su cui le aziende hanno poco margine di manovra.

Ma che cos'è di preciso il rating? Come mai è così importante? Quali sono le variabili che lo compongono? E' possibile gestire e migliorare il proprio rating?

Il rating bancario è una valutazione del merito creditizio che si basa su dati oggettivi e valutazioni statistiche ed ha l'obiettivo di stimare la probabilità che un'azienda risulti insolvente (Probability Default). In estrema sintesi, il rating è uno strumento che consente alle banche di valutare i propri clienti in maniera oggettiva e sviscerata da componenti di natura personale. La normativa bancaria a livello europeo, tramite le direttive del Comitato di Basilea a partire dagli anni 90, ha introdotto questo strumento conferendogli sempre più peso all'interno delle politiche di credito.

Il rating non determina solamente l'ammontare di credito che può essere affidato ad un impresa. La sua valutazione ha un impatto diretto anche sul costo del credito (ed esempio il tasso di interesse proposto per un mutuo) e sul livello delle garanzie che sono richieste da parte delle banche (fideiussioni, garanzie reali ecc).

Per il calcolo del rating vengono raccolti, elaborati e sintetizzati una serie innumerevole di dati provenienti da fonti molto diverse: Archivi delle Camere di Commercio, Centrale Rischi di Banca d'Italia, Archivi dei protesti, servizi di rating esterni, notizie raccolte dal web, dati di bilancio, social network e molte altre.

Il rating tiene quindi conto di informazioni che possiamo raccogliere in 3 principali categorie, ma che di fatto riguardano ogni aspetto della vita aziendale: informazioni qualitative, quantitative e andamentali. Nessuna di queste famiglie di informazioni viene considerata decisiva se presa da sola (a meno che non si sia in presenza di eventi molto negativi), ma tutte insieme contribuiscono a calcolare il rating dell'azienda.

L'organizzazione dell'impresa, il curriculum e l'esperienza dell'imprenditore, il settore nel quale l'impresa opera, fanno parte ad esempio delle informazioni qualitative. Bilanci e indicatori di performance riguardano invece la sfera dell'analisi quantitativa.

La puntualità dei pagamenti, la regolarità nel rimborso dei prestiti e più in generale il comportamento di un'azienda nei confronti del sistema bancario sono elementi tipici dell'analisi andamentale.

Un mix di informazioni che gli imprenditori sono chiamati a gestire in maniera proattiva, attraverso la comprensione di ogni effetto che le decisioni aziendali possono generare verso la percezione esterna dell'azienda.

La reazione più comune di fronte ad un declassamento del rating è quella di addossare le colpe verso i sistemi di calcolo automatici, incapaci di comprendere la bontà delle proprie imprese. Meglio sarebbe imparare a comprenderne le ragioni, interpretando anche i più piccoli segnali di allarme per cercare di anticipare possibili aree di crisi.

Incrementare le proprie performance, migliorare la comunicazione aziendale, imparare a programmare il proprio fabbisogno finanziario, sono tutte attività che hanno un impatto positivo sul rating solo e soltanto perché in primo luogo avranno un impatto positivo sulla propria azienda.

La sfida di migliorare e gestire il proprio rating, non deve essere considerata come un compitino imposto dalle logiche di accesso al credito, ma come un obiettivo di crescita a cui tendere.

Il mondo della consulenza aziendale è strutturato e pronto per accompagnare gli imprenditori in questo nuovo viaggio, che pone nuovi obiettivi e nuovi limiti da superare per non essere superati.

Durante l'evento del 12 aprile verranno presentati gli strumenti più idonei per comprendere e gestire il rating, con un particolare focus sulle leve e sugli indicatori che è possibile muovere e monitorare per avere benefici a breve termine.

Per partecipare al convegno è possibile prenotare il proprio posto a convegno@concredito.it oppure telefonicamente a 0584-393444.

Stefano Vannucci


Gianfranco Antognoli
Gianfranco Antognoli
Fernando Cruz
Fernando Cruz

COSA DEVONO FARE LE BANCHE DI FRONTE ALLA RECESSIONE ECONOMICA

Anche dopo la truffa dei diamanti a carico dei risparmiatori.

Il ruolo del personale direttivo 

alla luce delle mutazioni in atto nel sistema bancario

Dopo l'iniziativa del tribunale di Milano si pone una riflessione sul ruolo delle Banche dei loro servizi offerti alla clientela. Prenderemo in esame tre mutazioni del sistema bancario chDal 1960 al 1981, cioè al c.d. divorzio tra il tesoro e la banca d'Italia.

Dal 1981 al testo unico bancario del 1993.

Dal 2000 ad oggi, passando per la vigilanza unica.
È chiaro che la mutazione di un sistema bancario non procede per salti ma gradualmente, anche se con accelerazioni e frenate. Pur tuttavia, abbiamo ritenuto opportuno ricorrere alla suddetta artificiosa ripartizione temporale. Il TUB emanato nel 1993, in sostituzione del precedente, prevede tre distinte modalità operative:
Banca universale.
Banca a vocazione specialistica.
Gruppo bancario.
Il testo unico ribadisce la natura di impresa a prescindere dalla proprietà pubblica o privata. LE finalità ribadite nella legge sono: la concorrenza, l'efficienza, la stabilità e la sana e prudente gestione.
La foresta pietrificata comincia a muoversi sia per aggregazioni, sempre più numerose e ancora in corso (ultime BPER Unipol Banca), sia per nuovi modelli che si stavano imponendo specialmente per banche quotate o desiderose di esserlo.
Dal punto di vista operativo acquistò importanza la gestione del passivo (risparmio gestito), dell'assetto informatico e amministrativo, della Tesoreria a scapito della gestione tradizionale dei crediti. L'istruttoria dei fidi quale si era tramandata, con poche innovazioni, dagli anni '30 quando fu messa a punto da Mattioli della Comit, subì modifiche sia per l'accertamento decisionale che per il frazionamento della stessa e sia per la gestione dei crediti quale portafoglio unico o settorizzato.
La concorrenza cominciò a mordere e fu spasmodica la ricerca di nuovi modelli che consentissero la razionalizzazione dei costi.
A nostro parere comunque, fino agli ani 2000, il Personale Direttivo aveva ancora un ruolo importante nelle aziende di credito. Era però evidente che al personale era sempre più richiesta una preparazione focalizzata sul rapporto a tutto tondo con la clientela, con ancora buona autonomia sulle condizioni da praticare e autonomie nella gestione del credito. Si incideva sulle competenze quantitative. Gli operatori avevano ancora ampi margini per soddisfare le richieste dei privati e delle piccole aziende.
Erano già operativi programmi informatici idonei a consentire il governo ed i controlli accentrati che affievolivano sempre più il potere dei titolari delle filiali. Nelle grandi banche esistevano già centri decisionali in periferia, filiali capogruppo, attivi soprattutto per i crediti alla clientela dove era ancora richiesta una professionalità più specifica.
La terza mutazione è avvenuta dal nuovo millennio fino alla attualità di gestione degli istituti di credito. Il contesto operativo cambia completamente con l'avvento dell'Euro e della Unione Europea. L'euro contribuisce ad allargare gli orizzonti entro i quali erano abituate ad operare le banche italiane. Anche quelle che si erano spinte oltre i confini, ad eccezione forse di Comit e di BNL, non avevano modificato il proprio modello culturale. Ci riferiamo al Monte dei Paschi ed al S. Paolo e pochi altri che avevano cercato di spaziare in Europa. Un caso a parte è rappresentato da Unicredit che mira a diventare la banca della New Europe e Mittel Europea.
L'impatto principale avvenne nella tesoreria nella quale fu rivoluzionato l'intero impianto. Dal lago Mediterraneo, si passò a navigare in aperto oceano con i salti culturali che possiamo immaginare. Non esistevano più limiti alla provvista internazionale sia da banche che da imprese finanziarie. Questa facilità di provvista, accompagnata dalla normativa del TUB del'93 che consentiva di operare senza vincoli di durata delle operazioni, permise la coniazione di slogan tipo: le filiali devono servire i clienti nelle loro esigenze di depositi/impieghi a breve, medio e lungo termine senza preoccupazioni. La tesoreria avrebbe poi provveduto a rendere compatibili e coerenti i flussi conseguenti neutralizzando il rischio di interesse tramite i derivati e provvedendo piani di emissione di obbligazioni sui mercati finanziari internazionali.
La gestione attiva della banca si faceva ogni giorno più complessa, anche se il tentativo, non sempre riuscito, fu quello di trattenere la complessità presso la Direzione Generale. La rete distributiva fu comunque gravata dalle pressioni sulle vendite e dalla misurazione dei risultati ed era troppo incentrata sul ritorno economico immediato (up front).
Volendo sintetizzare, l'attività di gestione, all'inizio del 2000, fu guidata da:
La normativa BCE e Bankit invasiva e in continua evoluzione; incide sulla Governance, sui capitali minimi necessari e pesantemente sui controlli.
La riduzione dei costi, indispensabile per fronteggiare i ridotti margini da interessi; incide sui sistemi informatici sempre più integrati, sugli esodi del personale.
La carenza professionale del personale, dovuta ai ridetti esodi accentuati, ai compiti differenziati assegnati spesso senza adeguata preparazione, ad una struttura operativa che stava cambiando velocemente per rispondere alla normativa dei supervisori.
Tutti i campi operativi furono colpiti. Come nuove figure emersero per migliorare la Governance dell'azienda: risk manager, compliance officer i principali.
Le innovazioni del dopo 2000 riguardano la conoscenza delle qualità della clientela, sia prenditrice che depositante. L'utilizzo di questa conoscenza inciderà profondamente sul ruolo del personale direttivo in quanto porterà a centralizzare molte decisioni per renderle omogenee quale identità aziendale.
Da una parte, all'inizio del 2000, era attivo il rating attribuito alla clientela sulle operazioni di credito presso tutte le banche, anche le piccole tramite i centri servizi informatici. Diversa era l'affidabilità; solo per banche grandi che avevano adottato modelli proprietari, la procedura era validata dalla Banca d'Italia ed era idonea a incidere direttamente sull'RWA, cioè sugli impieghi pesati in relazione al rischio creditizio della clientela prenditrice.
L'analisi dei bilanci accentrata presso laboratori fidi, il flusso di ritorno della Centrale Rischi, il rating elaborato a livello centrale, hanno finito per ridurre la discrezionalità valutativa dei direttori di filiale. Di fatto la loro operatività viene limitata a rappresentare le richieste di fido e ad illustrare l'andamento degli affidati negli ultimi mesi; poco più che raccoglitori di informazione. Per inciso il bilancio di esercizio ha assunto un ruolo incisivo nell'esame dell'affidabilità di imprese di qualsiasi dimensione.
Le autonomie dei Titolari, quando presenti, sono state falcidiate, di norma, limitandole all'assistenza creditizia delle famiglie e delle piccole imprese.
Dal lato del risparmio gestito, dopo anni dal piano per i servizi europei, è stata emanata la direttiva europea n. 39 del 2004, che istituiva la MIFID (Markets In Financial Instruments Directive), considerata la base per la costruzione di un mercato finanziario integrato. È stata recepita in Italia nel 2007.
Gli obiettivi di fondo sono:
La tutela degli investitori, differenziata a seconda del grado di esperienza finanziaria;
L'integrità dei mercati; i prodotti distribuiti alla clientela devono essere valutati in base al rischio e devono essere offerti alla clientela coerentemente alla valutazione della stessa.
Sono state vietate le campagne prodotto e l'azione di sviluppo si può svolgere "solo" invitando gli operatori a collocare prodotti in relazione alle esigenze effettive della clientela, in ragione della propensione al rischio della stessa. Dopo le note vicende delle sei banche, i controlli della CONSOB si sono fatti più invasivi. Anche se evidentemente non proprio sufficienti considerato l'operato delle maggiori banche italiane in ordine alla triste e preoccupante gestione della vendita di diamanti alla clientela.
Il ruolo del personale direttivo si va così divaricando tra i manager della direzione generale che devono ormai avere una visione globale dei mercati e degli obiettivi aziendali per guidare l'azione degli Uffici o Direzioni centrali, e gli uomini di periferia che divengono sempre più esecutori di linee aziendali valutate al centro con scarsa partecipazione e poca professionalità specifica e tutela del consumatore/risparmiatore. Il ruolo dei titolari delle filiali, anche capogruppo, è sempre più spesso relegato a dirigere e sovrintendere il personale addetto alla filiera a cui sono addetti, a fare pressioni per il raggiungimento degli obiettivi assegnati, dirimere eventuali contrasti o incomprensioni con la clientela. Si è lontani dal ruolo imprenditoriale che si sollecitava negli anni passati. Nella nostra personale visione, la tendenza in atto continuerà anche nel futuro, accentrando competenze e responsabilità sempre più nei manager delle direzioni generali. Il personale direttivo nella scala gerarchica dei vari modelli di Filiale sarà sempre più un gestore di uomini con autonomie esecutive nei limiti delle linee operative di budget. Questo spiega la ragione degli ultimi "avvisi di garanzie emessi dal Tribunale di Milano".
È importante riflettere sul ruolo svolto dal Personale Direttivo negli ultimi anni nelle aziende in difficoltà.

Il bail in può aver inciso sui comportamenti della clientela, accentuando i rischi quando le nubi si avvertono già sotto il cielo aziendale, ma non può essere additato come causa di ciò che è avvenuto. E la conseguenza amare, non la causa. Errori strategici possono essere imputati solo al Consiglio di Amministrazione, in molti casi sappiamo che le cause non sono solo strategiche. La governance, approvata e legittimata dagli statuti aziendali precede funzioni contrapposte con poteri ispettivi coerenti con le responsabilità delegate e con riporto direttamente al CdA, tramite il Comitato Rischi, quando istituito. Eppure, queste previsioni, fortemente volute dalla Banca d'Italia non sono state sufficienti a fermare l'azzardo morale che ha portato le aziende al default. Le opinioni possono divergere sul fatto che il personale direttivo addetto ai controlli, il risk manager, il responsabile della compliance, i membri dei comitati di rischi endoconsiliari, non fossero in grado di svolgere i compiti loro assegnati per carenze professionali o perché non hanno voluto vedere cosa stesse succedendo. È facile dire, visto che le competenze si deve presumere fossero idonee, che avrebbero dovuto dimettersi. Realisticamente ciò è possibile solo se il contesto operativo consente, ragionevolmente, di poter trovare altre occupazioni. Quando ciò non è prevedibile, purtroppo e troppo spesso, il personale direttivo accetta compromessi e questo si ripercuote purtroppo nel giudizio generalizzato sulla categoria.

Questa riflessione più generale trae spunto concreto dall'analisi di un banchiere di lungo corso il Dr. Dino Gronchi ed è aggiornata ai fatti delittuosi venuti solo ieri alla ribalta giudiziaria.



Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli e del Dott. Fernando Cruz 

-----------------------------------------

Quale contributo delle banche italiane di fronte alla crisi?

L'ascensore sociale in Italia dopo lo studio di Banca d'Italia e la geometria della ricchezza degli italiani prima e dopo la crisi del 2008

Evoluzione del Sistema Bancario dagli anni 60 ad oggi che ci dobbiamo confrontare con una nuova recessione

Il sistema bancario è paragonabile ad un organismo dinamico in continuo movimento ed evoluzione che si adatta in relazione sia alle forze interne che a quelle esterne, in particolar modo alla situazione sociopolitica internazionale. Sono da annoverare, come ci conferma il Dr. Gronchi, dalla seconda metà del 900 ad oggi tre cambiamenti che hanno mutato il sistema bancario radicalmente:

  • Fino agli anni 60 l'attività principale che svolgeva la banca era la raccolta e gli impieghi sulla clientela con vincoli operativi imposti da Accordi interbancari che fissavano i tassi massimi da corrispondere sulla raccolta e minimi da percepire sugli impieghi.
  • Il secondo mutamento avvenne con le prime due Direttive bancarie europee (1977, 1989). In Italia la prima direttiva fu recepita otto anni dopo la promulgazione in Europa, mentre la seconda direttiva fu recepita nel 1992. I temi trattati dalle due direttive erano rispettivamente: libertà di stabilimento in Europa e la disciplina delle licenze bancarie, la competenza di Vigilanza dello Stato di origine e la configurazione dell'Ente creditizio come operatore unico. Ci fu una riaffermazione del carattere imprenditoriale dell'attività bancaria, che fu ribadita nel testo unico del 93 assieme alla concorrenza, l'efficienza, la stabilità e la sana e prudenziale gestione, che ha messo fine a quella visione di pubblici ufficiali che si era creata attorno ai dipendenti delle banche pubbliche. Si assiste anche ad un'evoluzione operativa, in particolar modo l'istruttoria dei fidi, che dagli anni 30 non aveva particolari innovazioni, subì modifiche sia per l'accentramento decisionale che per il frazionamento della stessa e sia per la gestione dei crediti quale portafoglio unico o settorizzato. Dunque, fino agli anni 2000 il personale direttivo aveva ancora un ruolo importante anche se erano già operativi programmi informatici idonei a consentire il governo ed i controlli accentrati che affievolivano sempre più il potere dei titolari delle filiali.
  • L'ultima fase di questa serie di cambiamenti significativi all'interno del sistema bancario comincia all'inizio del 2000 dove nella Tesoreria venne rivoluzionata l'intero impianto, essa avrebbe dovuto rendere compatibili e coerenti i flussi derivanti dai depositi e dagli impieghi (sia a breve, a medio che a lungo termine) provenienti dalle filiali neutralizzando il rischio di interesse tramite i derivati e provvedendo piani di emissione di obbligazioni sui mercati finanziari internazionali. In questo periodo l'attività di gestione era caratterizzata da una normativa BCE e Bankit invasiva che incideva sulla governance, sui capitali minimi necessari e pesantemente sui controlli; da una riduzione dei costi, necessaria a far fronte alla carenza dei margini da interessi; da una carenza professionale del personale dovuta sia ai punti precedenti che alla inadeguata preparazione. Tutto questo portò alla nascita di nuove figure professionali come il Risk Manager e alla riduzione dell'operatività di altre, questi tra cui i titolari delle filiali. Quest'ultimi hanno avuto una riduzione dell'autonomia, limitandola all'assistenza creditizia delle famiglie e delle piccole imprese inoltre l'accentramento dell'analisi dei bilanci presso i laboratori fidi, il ritorno di flusso della Centrale Rischi e l'elaborazione del rating a livello centrale hanno ridotto il loro margine di valutazione e ridotto la loro operatività alla richiesta di fido e all'illustrazione dell'andamento degli affidati. Si può ben capire che l'operatività ha avuto un accentramento sempre maggiore, dove l'alta direzione guida attraverso procedure sempre più sofisticate lo svolgimento delle operazioni.

Oggi il ruolo dei titolari delle filiali è sempre più spesso delegato a dirigere e sovrintendere il personale addetto alla filiera a cui sono addetti, a fare pressioni per il raggiungimento degli obiettivi assegnati. Per cui si è lontani dal ruolo imprenditoriale che si sollecitava negli anni passati. Questa tendenza in atto continuerà anche nel futuro, accentrando competenze e responsabilità sempre più nei manager delle Direzioni Generali.

(1)* (2) **


Sintesi delle ricchezze prodotte fino al 2008 Situazione dopo le crisi finanziaria economica e produttiva


*(indice reputazionale per le Banche moderatamente positivo) **(indice reputazionale per le Banche negativo)

(3)Strutturazione socioeconomica italiana odierna 2018

"I grafici precedenti mostrano la situazione socioeconomica italiana precrisi (1), post crisi (2) e odierna(3) eil ruolo svolto dalla banca in questo sistema. Prima della crisi economica del 2008 la situazione socioeconomica italiana era riassumibile come una piramide dove al vertice erano collocate le persone con stipendi elevati, al centro chi percepiva un reddito medio e alla base coloro che possedevano un reddito basso, in questo caso la banca fungeva da trampolino di lancio per tutti quei soggetti che investendo su se stessi o sulla propria attività riuscivano ad elevarsi dalla fascia bassa alla fascia media, quindi il sistema bancario svolgeva un ruolo di aiuto nei confronti della massa. Oggi invece, lo scenario è molto diverso e rappresentabile sotto forma di clessidra dove le fasce di reddito sociale sono rimaste pressoché invariate, la variazione maggiore è nel ruolo svolto dalla banca dove adesso invece di aiutare le persone a migliorare la propria condizione economica spinge la fascia media verso il basso riducendo ancor di più il gap differenziale tra coloro che stanno in alto e la massa che sta alla base. L'indice reputazionale generale per le banche subisce logicamente le conseguenze e le aspettative della clientela che ha perduto una fiducia storica nella istituzione bancaria. La situazione odierna è peggiorata, infatti l'ascensore sociale si è fermato in Italia: la crisi nata finanziaria diventata poi economica e produttiva, oggi oltre che occupazionale e sociale è certificata anche nel livello di istruzione. Banca d'Italia conferma le nostre supposizioni, nel 2018 il nostro Paese sta attraversando un periodo buio di ristagno socioeconomico dove si riduce la capacità delle persone di poter apportare miglioramenti reddituali alla propria situazione e ciò comporta una rassegnazione da parte dei giovani, che unita alla disoccupazione giovanile induce uno smarrimento delle nuove generazioni che non riescono (nonostante l'impegno e le capacità) a perseguire un aumento della propria situazione socioeconomica."

Concludendo gli spunti forniti dal Dr. Gronchi possono risultare utili per tutti noi, per meglio comprendere le attuali problematiche, con il contributo di analisi di una persona che ha vissuto "dal di dentro" e certamente da un osservatorio elevato i principali avvenimenti bancari degli ultimi anni. Rimane evidente che il problema ha anche altre sfaccettature, anch'esse importanti e fondamentali, non trattate nel contributo e che sono poi i temi delle banche più in generale e che vanno visti anche nella complessa evoluzione storica delle vicende economiche del nostro paese e non solo, oltre che degli avvenimenti politici italiani e internazionali caratterizzanti il periodo preso in esame. Crediamo che la banca e le persone che, a vario titolo e livello, hanno fatto e fanno LA BANCA continueranno ad avere un ruolo non secondario nella gestione delle crisi e nello sperabile sviluppo economico del paese. Le condizioni strutturali della nostra economia reale infatti non consentono di marginalizzare il ruolo degli istituti di credito e dei responsabili che gestiscono il credito a tutti i livelli. Purtroppo, a livelli alti è stata fatta la scelta di arruolare venditori invece che formare professionisti del credito e della finanzia privilegiando il risultato a breve termine piuttosto che la creazione di valore nel medio lungo. Tutto questo ha portato le banche a diventare realtà che continuano a distruggere ricchezza invece di crearla, non per niente proliferano le cause da parte dei loro clienti sia per prodotti finanziari che per gli impieghi. Lo studio della Banca d'Italia che certifica il blocco dell'ascensore sociale in termini di istruzione e livelli di reddito e di posizione sociale è ancora più preoccupante della grave disoccupazione giovanile (femminile e soprattutto intellettuale) perché inibisce le speranze delle nuove generazioni, cristallizzando negativamente una "stratificazione sociale" quasi come un ritorno al passato delle cosiddette divisioni per nascita e censo (dove la restaurazione avvenuta dopo la rivoluzione francese aveva comportato, come scrisse Victor Hugo due secoli fa "un cambiamento di fronte dell'universo"). La nostra personalissima visione è che la stagione attuale oltre ad una crisi economica che tutti ben conosciamo è rappresentata da una crisi di valori e di professionalità diffuse: si può uscire dalla crisi non con soluzioni miracolistiche che purtroppo non esistono nemmeno nella "fantasia creativa" degli attuali politici governanti dell'Italia, dell'Europa e del mondo, ma con una forte diffusa e decisa assunzione di responsabilità, a tutti i livelli e fino in fondo. La stagione di una nuova assunzione di responsabilità in linea con i valori fondanti che non sono e non possono essere di parte (in un economia libera), almeno per le persone sinceramente ispirate e quindi in buona fede: le considerazioni e le conclusioni sono nella cultura e nella coscienza professionale di ognuno di noi, addetti ai lavori e no, ben sapendo che la struttura è governata da uomini che, con la loro coscienza professionale e cultura di impresa, debbono affrontare e gestire le sfide anche quando queste, per circostanze esterne ingovernabili, si fanno più complesse e difficili. Certamente, se in generale "male tempora currunt", occorre però che ognuno faccia la propria parte con spirito di sacrificio ed anche un po' di coraggio operativo. Una nuova stagione delle responsabilità sociale e del coraggio delle idee e delle proposte crediamo possa rappresentare la ricetta vera contro la crisi e soprattutto contro la rassegnazione che rappresenta, a nostro avviso, la sconfitta più grande dell'intelligenza e della professionalità.

Le considerazioni espresse, a nostro avviso, assumono purtroppo ancora più significato di fronte ad una nuova stagione economica che si fa più difficile per la congiuntura interna (recessione tecnica) e internazionale (possibile stagnazione in Europa). Per tutto questo riteniamo che debbano aumentare impegno, responsabilità sociale e professionale: le difficoltà vecchie e nuove debbono necessariamente vederci impegnati per un cambiamento significativo e positivo.


Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli e del Dott. Fernando Cruz



L'ASCENSORE SOCIALE IN ITALIA DOPO LO STUDIO DI BANCA D' ITALIA E LA GEOMETRIA DELLA RICCHEZZA DEGLI ITALIANI PRIMA E DOPO LA CRISI DEL 2008

Evoluzione del Sistema Bancario dagli anni 60 ad oggi
Il sistema bancario è paragonabile ad un organismo dinamico in continuo movimento ed evoluzione che si adatta in relazione sia alle forze interne che a quelle esterne, in particolar modo alla situazione sociopolitica internazionale. Sono da annoverare, come ci conferma il Dr. Gronchi, dalla seconda metà del 900 ad oggi tre cambiamenti che hanno mutato il sistema bancario radicalmente:
1. Fino agli anni 60 l'attività principale che svolgeva la banca era la raccolta e gli impieghi sulla clientela con vincoli operativi imposti da Accordi interbancari che fissavano i tassi massimi da corrispondere sulla raccolta e minimi da percepire sugli impieghi. La formazione del personale era focalizzata sui crediti. Dal 62 avvenne una separazione tra il Tesoro e la Banca d'Italia. In questo periodo ci fu grande fermento, tanto che ci fu un aumento della concorrenza nel sistema creditizio, ma senza modifiche strutturali nei modelli, nel ruolo e nelle competenze del Personale Direttivo. Inoltre, era aumentata sia la complessità del lavoro che l'importanza della figura del Tesoriere.
2. Il secondo mutamento avvenne con le prime due Direttive bancarie europee (1977, 1989). In Italia la prima direttiva fu recepita otto anni dopo la promulgazione in Europa, mentre la seconda direttiva fu recepita nel 1992. I temi trattati dalle due direttive erano rispettivamente: libertà di stabilimento in Europa e la disciplina delle licenze bancarie, la competenza di Vigilanza dello Stato di origine e la configurazione dell'Ente creditizio come operatore unico. Ci fu una riaffermazione del carattere imprenditoriale dell'attività bancaria, che fu ribadita nel testo unico del 93 assieme alla concorrenza, l'efficienza, la stabilità e la sana e prudenziale gestione, che ha messo fine a quella visione di pubblici ufficiali che si era creata attorno ai dipendenti delle banche pubbliche. Si assiste anche ad un'evoluzione operativa, in particolar modo l'istruttoria dei fidi, che dagli anni 30 non aveva particolari innovazioni, subì modifiche sia per l'accentramento decisionale che per il frazionamento della stessa e sia per la gestione dei crediti quale portafoglio unico o settorizzato. Dunque, fino agli anni 2000 il personale direttivo aveva ancora un ruolo importante anche se erano già operativi programmi informatici idonei a consentire il governo ed i controlli accentrati che affievolivano sempre più il potere dei titolari delle filiali.
3. L'ultima fase di questa serie di cambiamenti significativi all'interno del sistema bancario comincia all'inizio del 2000 dove nella Tesoreria venne rivoluzionata l'intero impianto, essa avrebbe dovuto rendere compatibili e coerenti i flussi derivanti dai depositi e dagli impieghi (sia a breve, a medio che a lungo termine) provenienti dalle filiali neutralizzando il rischio di interesse tramite i derivati e provvedendo piani di emissione di obbligazioni sui mercati finanziari internazionali. In questo periodo l'attività di gestione era caratterizzata da una normativa BCE e Bankit invasiva che incideva sulla governance, sui capitali minimi necessari e pesantemente sui controlli; da una riduzione dei costi, necessaria a far fronte alla carenza dei margini da interessi; da una carenza professionale del personale dovuta sia ai punti precedenti che alla inadeguata preparazione. Tutto questo portò alla nascita di nuove figure professionali come il Risk Manager e alla riduzione dell'operatività di altre, questi tra cui i titolari delle filiali. Quest'ultimi hanno avuto una riduzione dell'autonomia, limitandola all'assistenza creditizia delle famiglie e delle piccole imprese inoltre l'accentramento dell'analisi dei bilanci presso i laboratori fidi, il ritorno di flusso della Centrale Rischi e l'elaborazione del rating a livello centrale hanno ridotto il loro margine di valutazione e ridotto la loro operatività alla richiesta di fido e all'illustrazione dell'andamento degli affidati. Si può ben capire che l'operatività ha avuto un accentramento sempre maggiore, dove l'alta direzione guida attraverso procedure sempre più sofisticate lo svolgimento delle operazioni.
Oggi il ruolo dei titolari delle filiali è sempre più spesso relegato a dirigere e sovrintendere il personale addetto alla filiera a cui sono addetti, a fare pressioni per il raggiungimento degli obiettivi assegnati. Per cui si è lontani dal ruolo imprenditoriale che si sollecitava negli anni passati. Questa tendenza in atto continuerà anche nel futuro, accentrando competenze e responsabilità sempre più nei manager delle Direzioni Generali.
(1) * (2) **
Sintesi delle ricchezze prodotte fino al 2008 Situazione dopo le crisi finanziaria economica e produttiva
*(indice reputazionale per le Banche moderatamente positivo) **(indice reputazionale per le Banche negativo)
(3) Strutturazione socioeconomica italiana odierna 2018
"I grafici precedenti mostrano la situazione socioeconomica italiana precrisi (1), post crisi (2) e odierna (3) e il ruolo svolto dalla banca in questo sistema. Prima della crisi economica del 2008 la situazione socioeconomica italiana era riassumibile come una piramide dove al vertice erano collocate le persone con stipendi elevati, al centro chi percepiva un reddito medio e alla base coloro che possedevano un reddito basso, in questo caso la banca fungeva da trampolino di lancio per tutti quei soggetti che investendo su se stessi o sulla propria attività riuscivano ad elevarsi dalla fascia bassa alla fascia media, quindi il sistema bancario svolgeva un ruolo di aiuto nei confronti della massa. Oggi invece, lo scenario è molto diverso e rappresentabile sotto forma di clessidra dove le fasce di reddito sociale sono rimaste pressoché invariate, la variazione maggiore è nel ruolo svolto dalla banca dove adesso invece di aiutare le persone a migliorare la propria condizione economica spinge la fascia media verso il basso riducendo ancor di più il gap differenziale tra coloro che stanno in alto e la massa che sta alla base. L'indice reputazionale generale per le banche subisce logicamente le conseguenze e le aspettative della clientela che ha perduto una fiducia storica nella istituzione bancaria. La situazione odierna è peggiorata, infatti l'ascensore sociale si è fermato in Italia: la crisi nata finanziaria diventata poi economica e produttiva, oggi oltre che occupazionale e sociale è certificata anche nel livello di istruzione. Banca d'Italia conferma le nostre supposizioni, nel 2018 il nostro Paese sta attraversando un periodo buio di ristagno socioeconomico dove si riduce la capacità delle persone di poter apportare miglioramenti reddituali alla propria situazione e ciò comporta una rassegnazione da parte dei giovani, che unita alla disoccupazione giovanile induce uno smarrimento delle nuove generazioni che non riescono (nonostante l'impegno e le capacità) a perseguire un aumento della propria situazione socioeconomica."
Concludendo gli spunti forniti dal Dr. Gronchi possono risultare utili per tutti noi, per meglio comprendere le attuali problematiche, con il contributo di analisi di una persona che ha vissuto "dal di dentro" e certamente da un osservatorio elevato i principali avvenimenti bancari degli ultimi anni. Rimane evidente che il problema ha anche altre sfaccettature, anch'esse importanti e fondamentali, non trattate nel contributo e che sono poi i temi delle banche più in generale e che vanno visti anche nella complessa evoluzione storica delle vicende economiche del nostro paese e non solo, oltre che degli avvenimenti politici italiani e internazionali caratterizzanti il periodo preso in esame. Crediamo che la banca e le persone che, a vario titolo e livello, hanno fatto e fanno LA BANCA continueranno ad avere un ruolo non secondario nella gestione delle crisi e nello sperabile sviluppo economico del paese. Le condizioni strutturali della nostra economia reale infatti non consentono di marginalizzare il ruolo degli istituti di credito e dei responsabili che gestiscono il credito a tutti i livelli. Purtroppo, a livelli alti è stata fatta la scelta di arruolare venditori invece che formare professionisti del credito e della finanzia privilegiando il risultato a breve termine piuttosto che la creazione di valore nel medio lungo. Tutto questo ha portato le banche a diventare realtà che continuano a distruggere ricchezza invece di crearla, non per niente proliferano le cause da parte dei loro clienti sia per prodotti finanziari che per gli impieghi. Lo studio della Banca d'Italia che certifica il blocco dell'ascensore sociale in termini di istruzione e livelli di reddito e di posizione sociale è ancora più preoccupante della grave disoccupazione giovanile (femminile e soprattutto intellettuale) perché inibisce le speranze delle nuove generazioni, cristallizzando negativamente una "stratificazione sociale" quasi come un ritorno al passato delle cosiddette divisioni per nascita e censo (dove la restaurazione avvenuta dopo la rivoluzione francese aveva comportato, come scrisse Victor Hugo due secoli fa "un cambiamento di fronte dell'universo"). La nostra personalissima visione è che la stagione attuale oltre ad una crisi economica che tutti ben conosciamo è rappresentata da una crisi di valori e di professionalità diffuse: si può uscire dalla crisi non con soluzioni miracolistiche che purtroppo non esistono nemmeno nella "fantasia creativa" degli attuali politici governanti dell'Italia, dell'Europa e del mondo, ma con una forte diffusa e decisa assunzione di responsabilità, a tutti i livelli e fino in fondo. La stagione di una nuova assunzione di responsabilità in linea con i valori fondanti che non sono e non possono essere di parte (in un economia libera), almeno per le persone sinceramente ispirate e quindi in buona fede: le considerazioni e le conclusioni sono nella cultura e nella coscienza professionale di ognuno di noi, addetti ai lavori e no, ben sapendo che la struttura è governata da uomini che, con la loro coscienza professionale e cultura di impresa, debbono affrontare e gestire le sfide anche quando queste, per circostanze esterne ingovernabili, si fanno più complesse e difficili. Certamente, se in generale "male tempora currunt", occorre però che ognuno faccia la propria parte con spirito di sacrificio ed anche un po' di coraggio operativo. Una nuova stagione delle responsabilità sociale e del coraggio delle idee e delle proposte crediamo possa rappresentare la ricetta vera contro la crisi e soprattutto contro la rassegnazione che rappresenta, a nostro avviso, la sconfitta più grande dell'intelligenza e della professionalità.

Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli e del Dott. Fernando Cruz




I peccati capitali dell'economia italiana e il "tesoro rubato" alle imprese e ai cittadini onesti dell'Italia


La crisi economica si scopre sempre di più una crisi morale e di valori civili nel Paese: le possibili risposte.
L'effetto congiunto della lettura del libro del Prof. Carlo Cottarelli "I sette peccati capitali dell'economia italiana" e della intervista sull'espresso in edicola al generale comandante della Guardia di Finanza Giorgio Toschi ci danno un quadro preciso e molto puntuale del paese Italia che non vorremmo e invece appare in tutte le sue sfaccettature ed evidenze di fronte a noi.

Allora questo "combinato disposto" di due letture che ci derivano da due osservatori, che se pur diversi, sono comunque entrambi molto autorevoli per l'alto riferimento che i due personaggi offrono al lettore attento della realtà economica e sociale del nostro paese. I due vizi capitali più importanti e decisivi per il mancato sviluppo dell'Italia sono senza dubbio l'evasione fiscale e la diffusa corruzione. Tali "peccati" sono entrambi quantificabili in misura miliardaria che supera di gran lunga l'importo complessivo sommato di più manovre economiche governative di cui si discute animatamente, non solo in politica e in parlamento, in occasione del bilancio dello Stato a fine di ogni anno per l'esercizio dell'anno successivo. Si stima un'evasione totale di oltre 100 miliardi e altrettanto il giro d'affari mosso dalla corruzione in Italia.
Oggi dunque la crisi economica si fonda principalmente su evasione fiscale e sulla corruzione dilaganti dove i probblemi sono la mancanza di capitale "sociale" e di valori civili coniugati con gli altri fattori che da sempre frenano il nostro sviluppo e aiutano di fatto questi primi due fenomeni negativi più gravi. Questi due elementi alimentano e aggravano oltretutto un debito pubblico che non diminuisce e oggi supera abbondantemente il 130% del PIL nazionale.
Gli altri elementi di negatività sono notoriamente, come scrive e argomenta correttamente il Prof. Cottarelli, l'eccessiva burocrazia, la lentezza della giustizia civile e penale, il crollo demografico coniugato con il posizionamento diverso Nord/Sud del paese e la difficoltà congenita di convivere con l'euro che ci fanno perdere progressivamente competitività nel mercato europeo e globale. Tutto questo da un senso alla mancata ripresa dopo una crisi generale da dove comunque sono usciti i paesi e le economie più virtuose della nostra e avendo un debito pubblico abbondantemente più contenuto. Una ulteriore riflessione è che negli ultimi 10 anni le tasse recuperate/incassate sono raddoppiate, soprattutto relativamente all'esercizio fiscale 2015, e come ben sappiamo certamente se tutti pagassero le tasse sarebbero molto più basse. La spesa pubblica però, il vero "tallone di Achille" della nostra economia, è continuata a lievitare. Dal 2012 in poi il debito pubblico totale è esploso e oggi la pressione fiscale è aumentata di conseguenza raggiungendo livelli insostenibili e non parliamo degli sprechi della Pubblica Amministrazione di cui il Prof. Cottarelli è uno dei massimi esperti.
Certamente non possiamo tornare indietro come qualcuno vorrebbe illudersi e illudere le forze più sane del nostro paese: questo non è solo un insulto alla realtà, ma non è praticamente possibile ed è pericoloso per ulteriore involuzioni sistemiche.
Una risposta utile crediamo con sincerità sia invece lavorare seriamente per una "nuova stagione del dovere" e della responsabilità sociale dove le scuole e le famiglie ritornino centrali nell'educazione e riproposizione di valori positivi di impegno e testimonianza di valori civili condivisi per una nuova crescita culturale e morale di una società. Appare infatti che inseguire falsi miraggi di soluzioni più comode, più divisive e dove si cerca un nemico esterno che in realtà non esiste se non nelle fantasie malate di chi vuol gettare la colpa sempre e comunque addossando ad altri è un esercizio sterile e inefficace. Un appello sincero alla responsabilità che deve essere esercitata da tutti senza esclusioni, sopratutto per chi è chiamato a compiere scelte che implicano il futuro di aziende e delle nuove generazioni.
Articolo a cura del Dott. Gianfranco Antognoli e del Dott. Fernando Cruz


ConCREDITOweb- Blog economico finanziario
Tutti i diritti riservati 2019
Creato con Webnode
Crea il tuo sito web gratis! Questo sito è stato creato con Webnode. Crea il tuo sito gratuito oggi stesso! Inizia